giovedì 22 novembre 2007

CIAO CARI AMICI

CIAO CARI AMICI,
MI è DOVEROSO COME SALUTARVI E RINGRAZIARVI DI CUORE PERCHE' VEDO CHE I VOSTRI COMMENTI SONO INTERESSANTI E PURE STUZZICANTI.
INIZIO A DIRVI CHE A SAN NICANDRO GARGANICO IL COMUNE SAPETE COSA HA FATTO? HA COSTRUITO UN RESIDENCE PER GLI IMMIGRATI,HA COSTRUITO DEGLI APPARTAMENTI CHE FANNO INVIDIA. VI RENDETE CONTO? COSI CARI AMICI HO DECISO DI VEDERE COSA FA QUESTA GENTE ALLA QUALE GLI è STATA DESIGNATA UNA CASA: SONO A SPASSO NEL PAESE, BEVONO NEI BAR E DISCUTONO DI TUTTE LE PORCHERIE CHE SOLO LORO SANNO. CIOè QUESTA GENTE VA A SPASSO PERCHE' IN ITALIA NON SANNO CHE CAVOLO FARE. MI CHIEDO E CHIEDEREMO AL COMUNE DI SAN NICANDRO CON QUALI SOLDI HANNO COSTRUITO IL RESIDENCE ISLAMICO? STA GENTAIA CHI LA MANTERRà VISTO CHE NON HANNO I SOLDI PER PAGARE NEANCHE UN CAFFE'? MA QUESTE COSE GLI AMMINISTRATORI SE LI STANNO CHIEDENDO? MA SEMPRE IL POVERO CITTADINO ITALIANO DEVE MANTENERE STA GENTE! MANDIAMOLI A CASA UNA VOLTA PER TUTTE! BASTA CON QUESTO BUONISMO DEL CAVOLO MENTRE LORO CI TAGLIANO LE TESTE. MA COME CAVOLO è CHE IN AMERICA PRIMA DI ENTRARE SE PUR PER UNA VACANZA TI FANNO IMBECILLIRE PER UN VISTO TURISTICO MENTRE IN QUESTA NAZIONE DELLE BANANE PUOI ENTRARE COME VUOI E CON LA SOPRAGIUNTA TI COSTRUISCONO PURE UN APPARTAMENTO. E UNA COSA INAUDITA! CARO SINDACO DI SAN NICANDRO, LEI SI è MAI CHIESTO QUANTE SONO LE PERSONE SANNICANDRESI CHE NON HANNO DA MANGIARE? LEI HA MAI GIRATO NELLE FAMIGLIE PER SAPERE I LORO PROBLEMI? MA SA COSA SIGNIFICA FARE IL SINDACO? O LEI LO FA SOLO E SOLTANTO PER L'AMATO STIPENDIO? ALZI IL CULO DA QUELL'AMATA POLTRONA E GIRATE PER IL PAESE ,PER LE CASE ,PER I BAR MA SI ANCHE PER I CESSI E PARLATE CON LA GENTE E VEDRETE QUANTA POVERTà C'E' NEL SUO PAESE. QUELLE CASE ISLAMICHE DATELE ALLE PERSONE CHE HANNO BISOGNO VERAMENTE ,PERSONE ITALIANE AVETE CAPITO ITALIANE! BASTA CARO SINDACO SI SVEGLI PRENDA PROVVEDIMENTI E FACCIA IL SINDACO MISSIONARIO PER CAPIRE MEGLIO LE COSE ! LA SALUTO MA CU INCONTREREMO PERCHE IO HO BISOGNO DI UN APPARTAMENTO....... DEVO CAMBIARE NAZIONALITà PER CASO?

LITURGIA DOMENICALE

Solennità di Cristo Re





Dio guarda alla nostra vita come ‘un cammino verso

di Lui’.

Tutti conosciamo le difficoltà che si incontrano in

questo cammino e, per di più, in un mondo che

sempre ripete la storia di Adamo ed Eva, tentato dal

più astuto degli esseri.

Facile non capire perché viviamo, e allora si dà alla

vita un non-senso, come un pittore che, non avendo

bene appreso l’arte del dipingere, si diverte a

scarabocchiare o imbrattare una tela, alla fine

rendendola roba da buttare.

Facile affermare quanto una giovane un giorno mi

disse, con la disperazione negli occhi, specchio del

buio della sua anima: “Io non ho chiesto di nascere e

voi preti lo chiamate dono. Un dono che non capisco e

rifiuto, perché mi fa solo impazzire, al punto che lo

vorrei buttare, ma non ne ho il coraggio. È un peso

troppo grande e non ho la forza di portarlo. Ma perché

la vita deve essere un peso e non una gioia?”.

Ma è proprio così?

Sappiamo tutti, o dovremmo saperlo, che la vita non è

un peso. È una difficile lotta, sì, ma meravigliosa per

arrivare alla pienezza della felicità, come è nella

volontà di Chi ci ha fatto questo dono: il Padre.

Dio sa molto bene come, da soli, vivere sia

camminare in un pericoloso buio, quando invece si ha

bisogno di una intensa luce.

Doveva essere questo il nostro destino, un

meraviglioso stare nella Luce e nella Pace, se non ci

fosse stato, da parte dell’uomo, con il peccato

originale, il rifiuto di Dio. Un rifiuto che oggi spesso

continua...creando i danni che tutti conosciamo.

Ma la bontà del Padre non poteva, né può, lasciarci

nella insostenibile solitudine.

E ci ha donato Suo Figlio, Gesù, che venne tra noi,

come uno di noi, e da allora si è fatto così vicino a noi,

da essere ‘l’immensa Luce’ di cui abbiamo bisogno.

Per entrare nella Sua Luce la Chiesa ci propone

l’anno liturgico, ossia interpreta il tempo, ritmandolo

sulla vita di Gesù, tra di noi.

Inizia con l’attesa di Dio, chiamato tempo di Avvento;

quindi la nascita del Figlio, cioè il Natale; il tempo

della crescita, nel silenzio di Nazareth, sotto la guida

di Maria e Giuseppe; la Sua missione tra di noi per tre

anni; il compimento del Suo amore nella

crocifissione, resurrezione e ascensione, per far

posto allo Spirito Santo nella Pentecoste.

La Chiesa chiude l’anno con una solennità, il trionfo di

Dio, che è la regalità di Gesù Cristo, Re dell’universo.

E che Gesù sia realmente e sempre ‘il Sovrano di

tutto e di tutti’, lo descrive bene S. Paolo nella Lettera

ai Colossesi: “Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre

che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei

santi nella luce. È Lui infatti che ci ha liberati dal

potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Suo

Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la

redenzione, la remissione dei peccati. Egli è

immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni

creatura, poiché per mezzo di Lui sono state create

tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle

visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati

e Potestà. Egli è prima di tutte le cose e tutte

sussistono in Lui. Egli è anche il Capo del corpo, cioè

della Chiesa, il Principio, il Primogenito di coloro che

resuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte

le cose” (Col 1, 12-19).

E’ davvero incredibile come Dio, il Padre, ci abbia

amato e ci ami tanto, al punto da considerarci tutti,

senza eccezioni, ‘suoi tesori’, come tante volte ci

chiamavano le nostre mamme.

Difficile anche solo immaginare quanto ci voglia bene

e quanto davvero ci sia vicino, ci sostenga e ci

desideri un giorno partecipi del Suo ineffabile Regno.

I Santi, da quelli più grandi a quelli feriali, non solo

capirono questo ‘stare nel Cuore di Dio’, ma ne

facevano il senso meraviglioso dell’esistenza, fino a

dire come S. Paolo: ‘per me vivere è Cristo’. Purtroppo

noi, spesso, siamo come ‘malati di miopia spirituale’,

quella generata dalla superbia o dal vuoto di fede: una

miopia che fa della vita un vivere senza paternità,

come orfani che non sanno chi li ha generati e a chi

interessi la loro vita.

Ci riempiamo gli occhi di illusorio stupore, verso

realtà che ‘brillano’ di luce falsa: la ricchezza, la

bellezza esteriore, il piacere, la posizione sociale, il

potere, che nulla hanno a che fare con l’amore e la

gioia.

L’amore nasce nell’umiltà, che è la via per

manifestarsi, per fare posto a chi si ama, e si dona

con fedeltà.

Possiamo dunque capire perché l’evangelista Luca

esalta ‘la regalità di Cristo’, in un momento

drammatico, in cui Gesù appare nella peggiore

condizione, in cui un uomo possa essere ridotto... ma

che diventa trionfo ineguagliabile, quando

questo ‘nulla’ è stato accettato come supremo atto di

amore.

“In quel tempo, il popolo stava a vedere, i capi invece

schernivano Gesù, dicendo: Ha salvato gli altri, salvi

se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto. Anche i

soldati lo schernivano e gli si accostavano per

porgergli dell’aceto e dicevano: Se tu sei il re dei

Giudei, salva te stesso. C’era anche una scritta, sopra

il suo capo: Questi è il re dei Giudei” (Lc 23, 35-40).

Trovavano assurdo che uno, che affermava di essere

re, ‘ma non di questo mondo’, finisse nel modo più

disonorante sulla croce senza alcuna resistenza.

Dov’era la sua forza? La sua potenza?, forse, si

chiedevano. Davvero la regalità di Gesù ha nulla da

condividere con il concetto di regalità, che abbiamo

noi uomini. Noi siamo abituati a chiamare ‘grandi’

quanti nella politica, nell’economia, nella vita sociale,

sanno imporsi con ‘visibilità’, che spesso sa di voglia

di affermarsi, di stupire.

Basta assistere alle folle che ‘corrono per vedere,

sentire’ qualche divo o personaggio...

Ma spesso questa ‘potenza’ umana è tutto fuorché

amore.

Un potente è difficile anche solo da accostare!

Mentre a portata di mano, pronta ad ascoltarci, a

mettersi nei nostri panni, a rivestirsi delle nostre

tristezze, a ridarci speranza, è la persona ‘umile’, che

per la sua bontà invita ad aprire il cuore.

Un grande cristiano disse: “La superbia e il potere,

tante volte, usano i poveri per farsi strada. Solo

l’amore, facendosi povero, fa strada ai poveri”. Ed è

quello che ha fatto Gesù, ‘il Re dei re’: l’umiltà che si

annulla in croce, per darci ‘Tutto’. Viene allora da

chiedersi: ‘Come mai Gesù non è il Re della nostra

vita?’ Sulla croce Lui stesso ha dato la risposta: Non

sanno quello che fanno’.

Eppure la sete dell’uomo, oggi, lo pone in ricerca di

qualcuno che davvero lo comprenda e lo ami, pronto

ad accoglierlo, sempre, senza limiti.

Quell’inconfessato scontento di tanti, che cercano chi

possa capirli o chi seguire, come unico amore, la dice

lunga sul bisogno di incontrare Cristo, nostro Re.

Così il grande Paolo VI, quando era vescovo a Milano,

nel 1955, scriveva: “Oggi l’ansia di Cristo pervade il

mondo dei lontani, quando in essi vibra qualche

autentico movimento spirituale. L’ansia di trovare

Cristo si insinua in un mondo, avvinto dalla tecnica del

materialismo e della politica, ma che non vuole

soffocare; e quando a tratti profondamente respira,

ascolta noi, e noi, che stiamo pregando, quasi ci

segue.

O Cristo, nostro unico Mediatore, tu ci sei necessario

per venire in comunione con Dio Padre; per diventare

con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli

adottivi, per essere rigenerati nello Spirito Santo.

Tu ci sei necessario, o solo e vero Maestro delle verità

recondite e indispensabili della vita, per conoscere il

nostro essere e il nostro destino, la via per

conseguirlo.

Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire

la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto

del bene e del male e la speranza della santità; per

deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.

Tu ci sei necessario, o Fratello primogenito del

genere umano, per ritrovare le ragioni vere della

fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i

tesori della carità, il bene sommo della pace.

Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri

dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per

dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.

Tu ci sei necessario, o Vincitore della morte, per

liberarci dalla disperazione e dalla negazione e per

avere certezze che non tradiscono in eterno.

Tu ci sei necessario, o Cristo, Re, Signore, o Dio con

noi, per imparare l’amore vero, e per camminare nella

gioia e nella forza della carità, lungo il cammino della

nostra via faticosa, fino all’incontro finale con Te

amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli”.

Viene allora da dire un grande Grazie a Gesù, nostro

solo Re, Colui che ha tanta cura della nostra vita,

quella vera, e vuole amore, per donare gioia.

Grazie, Gesù, mio Re.

E con la Chiesa cantiamo:

“Gesù, dolce Memoria che dai la vera gioia del cuore

ma più del miele e di ogni cosa dolce è la tua

Presenza. Niente si canta di più soave, nulla si ode di

più lieto, nulla si pensa di più dolce che Gesù, Figlio

di Dio. Gesù, Speranza per chi si converte, quale

misericordia per chi ti invoca!

Quale bontà per chi ti cerca, che sarai per chi ti trova?

Non vi è lingua capace di narrare, né parola in grado

di esprimere. Chi ne fa esperienza può credere cosa

sia amare Gesù.

Gesù, sii la nostra Guida, tu che sei il Premio che ci

attende.

Sia in Te la nostra gloria. Sempre!”.